La Coalizione Libertà e Diritti Civili (CILD) torna ad esaminare da vicino i Centri Permanenti per il Rimpatrio (CPR) realizzando un nuovo rapporto che viene pubblicato proprio nei giorni in cui il tema dei rimpatri torna al centro della discussione sulla politica europea per l’immigrazione.
Si tratta del rapporto L’affare CPR e ne parliamo con una delle autrici, Federica Borlizzi.
Il testo analizza in particolare il lato economico di questi discussi centri, che non sono gestiti dallo stato o dalle amministrazioni locali, bensì da enti privati e sempre più spesso multinazionali che portano avanti questo lavoro in molti paesi europei.
La gestione dei centri diventa allora proficua e lo è ancora di più se viene portata avanti con la stessa mentalità di una qualsiasi attività economica. Qual è la merce, per queste aziende?
Borlizzi fa l’esempio lampante della visita medica necessaria a valutare l’idoneità delle persone alla reclusione: poiché il medico riceve una somma per ogni persona reclusa, è chiaro che potrà essere interessato ad agevolare l’ingresso di chi non sarebbe davvero idoneo. Una visita medica può diventare quindi, paradossalmente, l’ennesima violazione nei confronti di persone che non sono colpevoli di alcun reato: sono semplicemente entrate in Italia senza permesso di soggiorno.
Borlizzi ci tiene però a specificare un elemento: “Noi non vogliamo la gestione pubblica dei CPR: noi vogliamo la loro chiusura”. La gestione privata è senz’altro un fattore peggiorativo, ma è lo strumento stesso ad essere sbagliato.