Dunque il bilancio è positivo o negativo? La domanda, quando si guarda ad un evento della portata e della complessità della COP26 a Glasgow, è tutt’altro che semplice e si presta a letture che possono risultare semplicistiche. Occorre quindi probabilmente fare un passo avanti dalla dicotomia successo/fallimento, come si legge per altro in alcune analisi pubblicate in questi giorni, ad esempio quelle di Marta Galvagno sul sito di Arpa Val D’Aosta e di Marirosa Iannelli su quello di Italian Climate Network.
Proprio di superamento dalla logica da titolo di giornale parla Jacopo Bencini, policy advisor di Italian Climate Network, ai nostri microfoni.
Se infatti il colpo di coda sul testo finale ha lasciato l’amaro in bocca rispetto all’ambizione di alcune aspettative, per contro le due settimane di negoziati hanno segnato dei punti importanti che riguardano le regole e la strutturazione dell’Accordo di Parigi.
Tra questi troviamo l’accordo sulla a trasparenza nella reportistica (ne avevamo parlato anche qui) e la definizione dell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi in un quadro di riferimento ai diritti umani. “La trasparenza è stata una delle note più positive degli accordi finali” dice Bencini ai nostri microfoni.
Per contro un elemento che sicuramente risulta problematico è che dalla COP26 si è usciti senza un impegno relativo al finanziamento dei 100 miliardi di dollari promessi da anni ai paesi vulnerabili e questo ha probabilmente anche influito sulle fasi finali dei negoziati. Sulla finanza climatica, insomma, si è incontrata una delle maggiori difficoltà, nonché uno dei più significativi nodi da sciogliere nel prossimo futuro.