In questa puntata abbiamo deciso di orientare i nostri microfoni a nord, per incontrare una parlata appartenente alla famiglia del francoprovenzale, il patouà di Novalesa, in val di Susa. Con noi c’è Matteo Ghiotto, linguista e impiegato all’ufficio del turismo di Oulx.
Il francoprovenzale è l’insieme delle parlate locali delle valli settentrionali del Piemonte, della val d’Aosta, della Savoia francese e di parte della Svizzera romanda. La differenza del francoprovenzale rispetto all’occitano, o al francese, sancita nel 1878 da Graziadio Isaia Ascoli, sta in un diverso trattamento della A tonica latina, che palatalizza in modo perculiare.
Il Moncenisio è una importante via di comunicazione con l’oltralpe per la val di Susa, ma per il colle non passano progetti comuni di tutela della lingua, anche a causa delle diverse fortune che il francoprovenzale vive dai due lati delle alpi: i patouà in Francia sono meno vitali di quanto non siano in Italia.
La tutela della lingua si accompagna alla tutela del territorio: per lo più i valsusini, e quindi anche coloro che parlano francoprovenzali, sono contrari alla TAV. Sono anni che i valsusini studiano la questione, e dopo vent’anni di lavoro i problemi legati alla realizzazione della tratta restano maggiori delle ricadute positive. Non si è contrari al treno in generale, ma si è contrari al modello di sviluppo che la TAV veicola, che è metafora dell’attuale situazione italiana.
Non ci sono specifiche manifestazioni di protesta no TAV in lingua francoprovenzale, perché l’obiettivo è quello di parlare, comunicare con tutti gli italiani; ma dal punto di vista della tutela, lingua e territorio sono due lati della stessa medaglia.
Proseguiamo con le immancabili rubriche di Liccou il Turista, in cui stavolta mettiamo in guardia Sir Henry dalle erbe che potrebbe essere tentato di mettere in infusione e verso le minoranze e oltre, con l’intervista a Barbou Simoun.