Il nostro viaggio oggi parte dall’Ungheria, un Paese diventato un modello per la nuova destra identitaria, che si autorappresenta come il baluardo della cristianità di fronte alla presunta islamizzazione dell’Europa.
In questi mesi le istituzioni culturali a Budapest sono state attaccate e sottoposte a riforme che puntano, direttamente o indirettamente, a ridurne l’autonomia. Due sono i casi più rilevanti, quantomeno a livello simbolico: quello della Central European University, che ha trasferito parte delle sue strutture a Vienna, e quello dell’Accademia delle Scienze. Un’istituzione pubblica fondata quasi 200 anni fa, nel 1825, e che coordina 15 centri di ricerca e circa 5.000 ricercatori. Di questo caso abbiamo parlato con Stefano Bottoni, ricercatore preso l’Accademia.
Spostandoci in Serbia, nelle scorse settimane si sono verificati due importanti fatti legati alla libertà d’informazione e alle violenze a cui è sottoposta. Il primo è legato a un passato ancora ingombrante e irrisolto, quello degli anni Novanta e di tutti i suoi intrecci di criminalità che si porta dietro; il secondo, invece, è ben radicato nella contemporaneità non solo della Serbia, ma del mondo intero, e ci porta all’attenzione un caso di denuncia di molestie sul posto di lavoro che si lega molto strettamente al potere politico. Giorgio Fruscione, vicedirettore di East Journal e analista di ISPI, ne racconta le implicazioni.
Intanto, dai diritti negati ai diritti rivendicati, abbiamo una data per il Pride di Sarajevo: l’8 settembre 2019 le persone LGBT+ scenderanno in piazza nella capitale bosniaca.