DUMBO III – Il mare non bagna Napoli

«Le città credono d’essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura. D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda», così diceva il Marco Polo de Le città invisibili, indimenticabile romanzo di Italo Calvino.

A modo nostro cercheremo di rispondere ad almeno una delle domande che ci poniamo su Napoli.

Innanzitutto su cosa la rende così speciale.

Adagiata sul naturale abbraccio del suo golfo, Napoli è senza dubbio una città controversa e al tempo stesso affascinante. Bella, passionale e sofferente, ricca di mille storture e abitata da un popolo ineguagliabile, Napoli forse può essere compresa, o per lo meno avvicinata, attraverso il racconto di chi vi è cresciuto o di chi ci ha vissuto.

Con la lente d’ingrandimento di DUMBO, proveremo a raccontarvela.

Alla nostra maniera.

Iniziamo dal mare, il fil rouge che abbiamo scelto per collegare Marsiglia a Napoli. E prima ancora a New York.

 

“Si tratta di una delle più antiche città d’Europa, il cui tessuto urbano contemporaneo conserva gli elementi della sua storia lunga e ricca di eventi. […] un valore universale senza uguali, che ha esercitato una profonda influenza su gran parte dell’Europa e al di là dei confini di questa.”

Con questa motivazione, nel 1995, l’UNESCO ha inserito il centro storico di Napoli nella lista dei patrimoni mondiali dell’umanità. Un luogo cardine della civiltà europea, una città che sembra combattere, a volte anche con se stessa, per conservare la propria identità.

È il luogo in cui, prima che altrove, sono state poste le fondamenta della cultura d’Occidente: la tolleranza e le pari opportunità, la previdenza sociale, la protezione civile e il governo del territorio, le banconote e i conti correnti bancari, l’opera e la musica sacra, la canzone, il caffè, la pasta di grano duro, la forchetta, la pizza, la mozzarella di bufala, il presepe, il lotto e la tombola, l’ascensore, la prima ferrovia italiana. E potremo continuare con l’elenco ma ci fermiamo qui.

Siamo di fronte al mare, ora.

Ci siamo fermati davanti a quella che poco più di un secolo fa era la spiaggia di Napoli. Chiaia.

Dove al giorno d’oggi in molti passeggiano, ci riferiamo all’elegante via Caracciolo, un tempo c’era la lunga spiaggia, un luogo che era una vera e propria risorsa, specialmente per i napoletani che con il mare hanno un rapporto viscerale fin dalla fondazione della Neapolis greco antica.

 

A causa dell’esplosione dell’epidemia di colera che colpì Napoli nel 1884, si ebbe la necessità di risanare la città partendo dai rioni popolari che, una volta risolto il problema igienico, furono ripuliti anche se il degrado non sparì del tutto. Anzi, risultò nascosto dalle facciate eleganti dei lussuosi palazzi costruiti sul lungomare che, per fortuna, salvò Castel dell’Ovo, all’epoca definito “brutto e inutile, un rudere che non ha più ragione di essere in piedi”. A differenza di Castel dell’Ovo, la spiaggia di Chiaia fu sostituita dall’asfalto e dal cemento, un’opera finanziata da Ermanno Du Mesnil, un imprenditore privato belga al quale fu concessa in cambio la possibilità di edificare, senza spese, gli stabili e gli isolati che ancora oggi danno vita a viale Gramsci.

Questo non fu l’unico danno della legge speciale pensata per il “Risorgimento economico della città di Napoli”.

Sulle rive di una delle più belle e mozzafiato baie al mondo, riparata dalla collina di Posillipo, furono costruite le acciaierie di Bagnoli, proprio su quello che era, nell’epoca romana, un paradiso termale.

Fotografia di Claudio Petronella

Dopo Chiaia, Napoli perse anche il mare dell’area flegrea a causa di un vero e proprio delitto di stato che ha portato a un significativo spreco di risorse turistiche. Basti pensare che, a differenza di ciò che avviene a Marsiglia e a Barcellona con le loro spiagge artificiali, per i napoletani risulta essere un’impresa poter farsi il bagno nel loro splendido mare.

Non esiste napoletano senza il suo mare.

È il suo punto di riferimento e d’orientamento, la stella polare che evita di perdersi negli angoli più interni della città.

 

 

Napoli E il suo mare.

Una E che risulta congiunzione ma anche verbo essere.

Perché Napoli è il suo mare, anche se spesso sembra non essere così. Anche in questo Napoli risulta essere controversa.

Stiamo parlando di una risorsa bistrattata e in molti, a Napoli, esigono chiarezza per quanto riguarda ad esempio la sua fruibilità balneare. Negli anni recenti si è parlato molto di lungomare liberato, anche grazie alla sorprendente balneabilità concessa per ordinanza sindacale dalla giunta De Magistris.

Tutto sembrava filare liscio e già si immaginava un mare finalmente libero e donato totalmente alla città, nonostante qualche legittima perplessità dinanzi alla sicurezza con cui il Comune giudicò eccellente il fronte d’acqua dinanzi via Caracciolo. Lo stesso litorale che vide un’inchiesta della Procura della Repubblica partita dopo la scoperta di una vasca sotterranea con oltre centomila litri di liquami inquinanti. Nonostante questo il sindaco De Magistris non si fermò, anzi: Per convincere i suoi concittadini si fece fotografare in costume postando successivamente l’immagine sui social accompagnata da un testo che inneggiava alla qualità eccellente dell’acqua dinanzi a un panorama unico al mondo.

 

 

A rovinare la festa ci pensò Goletta Verde, campagna di Legambiente che ogni anno monitora le coste italiane.

Il mare della Campania fu dichiarato tra i più inquinati d’Italia, anche se questi dati vennero messi in discussione creando un effetto disorientante sui cittadini. Quella che è mancata, come spesso accade, è stata la chiarezza. I dati raccolti dalla Procura fecero emergere, nello specchio d’acqua di fronte a via Caracciolo, una prevalenza di batteri portatori di malattie infettive come il tifo e l’epatite, ma a onor del vero, c’è da dire che spesso il mare può risultare balneabile o meno in base alle correnti e dal corretto funzionamento dei depuratori che, pare, negli ultimi anni sembra stiano funzionando egregiamente, visto che le tartarughe comuni, le Caretta Caretta, pare prediligano il Golfo di Napoli per la loro migrazione.

Chi avrà ragione?
La Procura o le tartarughe?

 

Anna Maria Ortese intitolò un suo libro “Il mare non bagna Napoli”.

In effetti in molti casi sembra sia davvero così. In località come San Giovanni a Teduccio oppure a Bagnoli, l’acqua sembra quasi che non tocchi il suolo cittadino. Nel primo caso è un illusione ottica causata da un lungo muraglione di palazzi che divide il mare dal quartiere, relegandolo solo ai margini e se non sai che c’è, il mare non lo vedi.

Nel secondo caso, invece, una lunga barriera di scogli separa l’acqua inquinata dalla spiaggia per evitare contaminazioni e rischi per la salute.
Nonostante il mare non sia balneabile e anche pericoloso, la costa di San Giovanni e di Bagnoli è bellissima e in tanti non riescono a resistere alla tentazione di prendere il sole e di fare il bagno.

Soprattutto se non ci si può permettere una vacanza o lidi migliori. I numeri sono impietosi, visto che le rilevazioni dell’Arpac evidenziano un’acqua di mare non depurata con concentrazioni fino a dieci volte superiori rispetto ai limiti di balneabilità.

 

Continuando sulla costa incontriamo una lunga spiaggia adiacente il porto, dove solo una scogliera la separa da quella porzione di mare. L’inquinamento è evidente a partire da quello che si trova in spiaggia fino al colore del mare, marrone. Tutto questo mette grande tristezza in confronto all’incanto di quel luogo che in passato risultava essere mèta per i bagni dei VIP dell’epoca.

Il mare non bagna Napoli, parafrasando ancora una volta la Ortese, nemmeno a Bagnoli dove nel corso degli anni diverse ordinanze hanno vietato la balneazione. Un divieto totalmente ignorato da molti cittadini che non rinunciano al piacere di fare un tuffo.

Ricordiamo anche il Lido Comunale Marina di Bagnoli. Docce, servizi, la discesa a mare per disabili, gazebo e pedane di legno, garantiscono ai cittadini qualche confort in piena legalità. Il grande quadrato di sabbia finissima è arginato dal muraglione di scogli. Il sindaco ha vietato che si aprissero varchi verso il mare per tutelare la salute ma in tanti scavalcano la barriera e si stendono a prendere il sole in riva al mare. Il tuffo non fa eccezione, segno che i napoletani, soprattutto quelli più in difficoltà, hanno bisogno del loro mare e se lo prendono.

Nonostante tutto.

 

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