Bosnia, a piccoli passi verso la normalità

Quando si pensa alla Bosnia ed Erzegovina è quasi impossibile non correre con la mente agli anni Novanta, quando la guerra scavò nella storia dei Balcani occidentali e nei suoi abitanti delle ferite profonde, ancora non del tutto rimarginate. Durante l’avanzata delle varie milizie che percorrevano il territorio, molti luoghi di culto vennero distrutti, e tra questi anche la moschea Ferhat Pasha di Banja Luka, meglio nota come Ferhadija. «Fu un atto – racconta Rodolfo Toè, corrispondente da Sarajevo per l’Osservatorio Balcani e Caucaso – paragonabile alla distruzione del ponte vecchio di Mostar e a quella della biblioteca di Sarajevo». Era il 7 maggio 1993, e sabato scorso, a distanza di 23 anni esatti, questo spazio, fisico e simbolico insieme, è tornato a disposizione della popolazione.

L’evento ha radunato migliaia di persone a Banja Luka, nel parco di fronte all’edificio rinnovato, per quello che il premier dimissionario turco, Ahmet Davutoğlu, ha definito «un messaggio di pace per tutti i popoli di Bosnia ed Erzegovina e del resto del mondo». Rodolfo Toè era presente alla riapertura, e in un articolo su balcanicaucaso.org parla di un messaggio di speranza, dal forte valore simbolico.

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