Il 4 novembre 2016 entrò in vigore l’Accordo di Parigi, ovvero il risultato della COP21 (conferenza globale per il clima) svoltasi l’anno precedente nella capitale francese: 195 paesi si sono impegnati ad attuare la transizione energetica in tempi brevi, in modo da evitare che la temperatura media globale superi di 1,5 gradi la media di quella del periodo preindustriale a causa delle emissioni di gas serra.
Per raggiungere questo obiettivo occorre agire su vari fronti, ma uno di questi è drasticamente più importante e urgente: l’abbandono dei combustibili fossili in favore delle energie rinnovabili.
È allora particolarmente deludente leggere i risultati del rapporto How the Finance Flows di Actionaid, dove si legge che dal 2016 le principali banche mondiali hanno investito 3,2 trilioni di dollari in progetti legati ai combustibili fossili verso 134 Paesi del Sud globale (l’area del mondo meno attrezzata per la transizione ma anche più esposta agli effetti del meteo estremo), una cifra che rende sostanzialmente inesistenti i 24 miliardi forniti dai governi del “Nord” per constrastare la crisi climatica.
Ne abbiamo parlato con il segretario generale di ActionAid Italia Marco de Ponte, che ci racconta anche un’altra cifra pesante: i 370 miliardi che le banche private hanno investito nello sviluppo dell’agricoltura industriale, ancora nei medesimi paesi, che spesso ricavano poco beneficio da queste operazioni e anzi diventano paradossalmente dipendenti dalle importazioni di cibo.