Dopo il primo turno di voto per la scelta di presidente e Parlamento, si è tenuto il 28 maggio il ballottaggio tra Recep Tayyip Erdogan e lo sfidante, rappresentante di buona parte delle opposizioni, Kemal Kilicdaroglu. Erdogan ha ottenuto il 52,1% delle preferenze, guadagnandosi così un nuovo mandato che dovrebbe lasciarlo al potere fino al 2028.
Per commentare questa tornata elettorale abbiamo fatto qualche domanda al giornalista Murat Cinar.
Innanzitutto, sottolinea che si è trattato in ogni caso di un segnale netto del ridimensionamento dell’approvazione della popolazione turca nei confronti di Erdogan. Per la prima volta non ha vinto le elezioni al primo turno, e nemmeno al ballottaggio non ha dilagato. “È chiaro”, commenta Cinar, “che una persona su due non vuole Erdogan”, una valutazione che trova ulteriore concretezza nell’altissima affluenza alle urne (circa l’85%).
D’altra parte non si può negare che il Parlamento che emerge dopo il voto sia ora orientato significativamente più a destra, con l’ampio consenso ottenuto dalle varie formazioni nazionaliste e fortemente conservatrici che ora hanno a disposizione un alto numero di seggi.
Infine, quale sarà l’impatto di questa rielezione all’estero? Alcuni analisti indicano che ad esserne favorita sul fronte internazionale sarà la Russia, ma Cinar sostiene che si tratta di uno sguardo incompleto. Anche molti paesi occidentali vedono con favore la politica di Erdogan (specie se pensiamo alla gestione dei migranti, o al ruolo militare all’interno della Nato) sebbene sia un favore che non viene esplicitato volentieri.