Buon 25 aprile e a tutte e tutti, buona festa della Liberazione, la festa più bella che ci sia!
In questa puntata si torna a Hong Kong, che nel 2019 è stata al centro delle cronache mondiali per le proteste di massa contro la legge sull’estradizione voluta da Pechino, diventate presto manifestazioni sulla democrazia in senso più ampio.
Lo scorso 21 aprile, mentre Carrie Lam annunciava l’estensione delle misure di distanziamento sociale fino al 7 maggio, per garantire che l’epidemia rimanga sotto controllo, la polizia eseguiva diversi arresti che hanno colpito il movimento di protesta e in generale il mondo politico.
Sono finiti in carcere nomi di peso, da Leung Yin-chung, membro del Consiglio legislativo della città, al fondatore del Partito Democratico Martin Lee, dall’imprenditore Jimmy Lai all’avvocata Margaret Ng.
Secondo diversi osservatori, Pechino stia approfittando della “distrazione globale” dovuta alla pandemia per iniziare a punire Hong Kong per la sfida lanciata l’anno scorso.
Quel che è certo è che le proteste del 2019 hanno messo in crisi il rapporto di fiducia tra cittadinanza e istituzioni, e questa crisi della fiducia nelle istituzioni la ritroviamo anche nelle reazioni alla gestione del coronavirus da parte del governo. Hong Kong è considerata uno dei migliori esempi a livello mondiale nel controllo del virus: ha più di 7 milioni di abitanti ma ha registrato poco più di 1.000 casi e solo quattro morti. Eppure, i cittadini dicono “è merito nostro”, non “è merito del governo”.