La Commissione permanente della Chiesa evangelica spagnola (denominazione protestante che riunisce metodisti, luterani, presbiteriani e congregazionalisti di Spagna) ha pubblicato sul suo sito un comunicato in cui prende posizione a fianco del popolo catalano.
Nel comunicato si invoca, in generale, una risoluzione che tenga conto delle istanze di libertà, per la riconciliazione fra le parti e il dialogo.
L’Agenzia Stampa Nev riporta la notizia in questo articolo.
Riportiamo anche la riflessione della pastora Marta López Ballalta, Vice-Presidenta de la Iglesia Evangélica Española (IEE), che abbiamo contattato per Voce delle Chiese:
La posizione delle nostre chiese protestanti non è affatto politica, non può esserlo, perché all’interno delle nostre comunità ci sono opinioni, ideologie diverse e, soprattutto, la libertà di ognuno di esercitare le tue opzioni.
Di fronte alla sentenza emessa dalla Corte Suprema ci invade però una forte preoccupazione.
Sebbene la sentenza sottolinei che non è stato possibile dimostrare la violenza negli atti processati (vedasi la manifestazione del 20 settembre e il voto del referendum del 10 ottobre), la resistenza pacifica che è stata esercitata ha impedito alle forze dell’ordine di svolgere il proprio lavoro, e quindi, essendo non-violenta, di tratta di sedizione e non di ribellione.
Ciò suppone un attacco diretto ai diritti fondamentali, non solo dei catalani, ma di tutti i cittadini che vivono secondo la legge che ha creato questa giurisprudenza.
Ed è qui che si esprime la nostra forte preoccupazione, per una “lesione” dei diritti fondamentali dei cittadini. Il diritto alla manifestazione e all’assemblea, i diritti umani che abbiamo concesso come quadro di vita, sono in pericolo.
Se parliamo della sentenza specifica e delle sue conseguenze nel quadro della vita in Catalogna, posso dire che una stragrande maggioranza, sebbene non tutte le persone protestanti, non capiscono perché sono state emesse pene così severe (solo un confronto, per omicidio in Spagna la legge impone una pena da 10 a 15 anni di carcere, nel caso di Oriol Junqueras, vice presidente del governo catalano, sono stati 13 anni di punizione, senza l’apice di violenza).
Il problema sta nell’aver giudicato un problema che era ed è politico, e ciò di cui ora siamo preoccupati è che non sembra che il dialogo possa essere instaurato (non dico ripristinato perché credo che non ci sia stato).
Nel quadro giuridico della legge spagnola ci sarebbero state opzioni e possibilità di rispondere alle richieste del popolo catalano, se ci fosse stata l’intenzione politica di farlo, ma questa porta è stata chiusa fin dall’inizio.
È necessario che, da entrambe le parti, si trovi un quadro per avviare un nuovo processo di riconciliazione e ascolto, senza questo vedo molto improbabile che possiamo risolvere la situazione, ma oggi sembra che l’unica risposta della Spagna sia la durezza Polizia e mano giudiziaria.
Come chiese protestanti, la nostra lotta deve essere quella di costruire nuovamente ponti, costruire spazi di incontro e guardare il mondo dalla prospettiva dell’esempio di Gesù, che non era conformista all’ingiustizia, che non ha smesso di affrontare gli abusi, ma che non ha mai abbandonato l’opportunità di parlare e spiegare dall’amore del Padre.