Kiosk torna oggi per una nuova puntata in cui spazieremo dall’Est della Germania alla Bosnia, seguendo un filo, spesso assai doloroso: quello della memoria. E a proposito di memoria, daremo voce anche a una memoria storica fondamentale per il nostro Paese. Radio Radicale, grazie a un’intervista che abbiamo fatto al suo vice caporedattore, Roberto Spagnoli. Dedichiamo, idealmente, questa puntata ai colleghi di questa radio, minacciata da un governo miope e ottuso che la vuole chiudere.
Siamo a appena otto chilometri da uno dei luoghi simbolo della cultura tedesca, Weimar, dimora di Goethe e nome associato alla Repubblica di Weimar, che fra le due guerre ha permesso una grande stagione artistica e culturale. Qui oltre 50.000 persone, fra 1937 e 1943, persero la vita. Buchenwald, questo nome terribile, risuona anche nelle coscienze di noi italiani. Non solo lo spagnolo Jorge Semprún vi è stato prigioniero, infatti, ma, fra le tante nazionalità presenti, anche moltissimi italiani, in larga parte prigionieri politici. Come ci racconta lo stesso Semprún, questo lager ha un’altra particolarità: fu riutilizzato dopo la fine della guerra, quando divenne parte del territorio della DDR, per i prigionieri politici del regime comunista, ed è dunque un simbolo vivente, non solo della Shoah, ma anche dell’orrore dei totalitarismi del Novecento. Per conoscere meglio Buchenwald, la sua storia ma anche la realtà attuale di questo luogo della memoria, abbiamo intervistato Francesco Ferrari, ricercatore e docente all’Università di Jena, Coordinatore della scuola di dottorato Religion Conflict Reconciliation, autore di studi importanti sull’opera di Martin Buber.
Le vicende attuali di Radio Radicale, a rischio di chiusura a causa dei tagli voluti dall’attuale governo, non hanno bisogno di presentazione per un pubblico attento e informato come il nostro. Più importante, almeno per noi, è invece sottolineare l’importanza di questa emittente, e del suo sterminato archivio, che è una storia vivente del nostro Paese, ma non solo. Anche di quella parte di mondo che cerchiamo di raccontarvi qui a Kiosk. Quella di Roberto Spagnoli, vice caporedattore di Radio Radicale e autore, fra gli altri, di un programma storico di questa emittente: Passaggio a Sud Est. Un programma di grande qualità, che vi invitiamo a seguire. Abbiamo dato voce a Spagnoli per sottolineare quanto sia importante il lavoro che hanno fatto e, soprattutto, che è giusto che continuino a fare ancora per molti, moltissimi anni.
Siamo nel 1992, a Sarajevo. Rispondendo all’appello di una figura fra le più importanti nella storia del pacifismo italiano, il vescovo di Molfetta Tonino Bello, circa 500 persone, rischiando la propria vita, partirono dall’Italia per dare un segno di pace e di supporto agli assediati di Sarajevo. Fra loro, anche Alex Langer. È la marcia dei 500, un evento di importanza capitale nella storia e nella coscienza civile del nostro Paese. Ma non vogliamo parlarvi solo di questo. Il 29 maggio di 26 anni fa, aveva luogo la strage di Gornij Vakuf, una pagina di storia troppo spesso dimenticata. Nel 1993 cinque volontari italiani di Brescia e Cremona – Guido Puletti, Sergio Lana, Fabio Moreni, Agostino Zanotti e Christian Penocchio – partirono con un convoglio umanitario destinato alla popolazione della cittadina di Zavidovići, nella Bosnia centrale, con la quale erano in contatto fin dall’inizio del conflitto. Tre di loro perderanno la vita. Testimone diretto della marcia di Sarajevo, e superstite dell’eccidio, abbiamo intervistato una figura straordinaria della cooperazione italiana: Agostino Zanotti, fondatore e direttore dell’Ambasciata della Democrazia Locale Zavidovici.