Hanno raggiunto quota 60 le panchine giganti disseminate nel Nord Italia (alcune anche all’estero) nell’ambito di The Big Bench Comunity Project. La maggior parte di esse si trova in piccoli centri delle province di Cuneo e Asti e ogni anno se ne aggiungono di nuove.
Si tratta di una serie di installazioni di panchine di grande dimensione, che si possono trovare geolocalizzate anche in un’app e che aiutano a valorizzare dal punto di vista turistico e artigianale il luogo in cui vengono poste. Nel tempo si è così formata una rete di panchine – e di comunità – e ogni anno i fondi raccolti nell’ambito del progetto vengono assegnati alle località coinvolte per sviluppare piccoli progetti didattici e culturali.
Pochi giorni fa sono stati annunciati i progetti vincitori di quest’anno. Il primo è a Moiola e si tratta di un laboratorio artigianale che coinvolgerà 40 ragazzi delle classi prime della scuola secondaria di primo grado per la produzione di oggetti da collocare lungo il sentiero che porta alla panchina gigante del paese. Il secondo a Niella Tanaro prevede l’acquisto di materiale per spettacoli teatrali della scuola primaria di Niella Belbo.
Ma quale filosofia si cela tra le forme di queste panchine? Cosa raccontano ai visitatori che vogliano farvi tappa? E ancora, cosa si prova a stare seduti su di una panchina senza che i piedi tocchino terra?
Lo abbiamo chiesto a Chris Bangles, designer e promotore di The Big Bench Comunity Project. La sua – a Clavesana – è stata la prima delle panchine costruite.