Dal 29 al 31 di marzo si terrà a Verona il World congress of families, il congresso mondiale sulle famiglie, ma sono già molte le polemiche che si sono sollevate, a partire in primo luogo dal nome del congresso.
A fronte di un termine declinato al plurale, il modello di famiglia che viene proposto è fortemente al singolare, quasi monolitico: si tratta di un modello borghese che prevede un maschio e una femmina sposati (preferibilmente in chiesa) con bambini. Questa forma sembra essere fortemente limitativa, e contemporaneamente pare difficile uscire da una formulazione di questo tipo del concetto di famiglia.
Il congresso è stato poi fortemente caratterizzato come «cristiano», ma anche in questo caso gli organizzatori hanno scelto di dare una connotazione al singolare del termine: alle diverse realtà protestanti non sono arrivati inviti a partecipare, così come alle associazioni LGBT cattoliche.
Ci si chiede se ciò che emergerà dal congresso di Verona potrà avere delle conseguenze in Italia, conseguenze che forse sono già in atto, a livello politico e sociale. Il World congress of families si inserisce in un processo molto più ampio, a cui alcune forze stanno già tentando di rispondere.
Ne parla Giorgio Rainelli, presidente di Refo (Rete evangelica fede e omosessualità).