Il 12 novembre si è aperta la Conferenza di Palermo sulla Libia, ma è la seconda giornata di lavori quella su cui si concentrano le aspettative. Se da un lato pare allontanarsi una prospettiva di riconciliazione tra le parti libiche, ciò in cui ancora si spera è quantomeno una dichiarazione congiunta da parte delle parti in causa e una foto di famiglia con le quattro fazioni libiche riunite. Eppure, se anche si arrivasse a queste dimostrazioni (pur solo di facciata) di un rinnovamento dei rapporti, la Libia potrebbe rimanere profondamente spaccata. E non è detto che quello dei diritti umani, uno dei temi più pressanti per il Paese nordafricano, venga toccato durante i lavori.
L’agenda della Conferenza è profondamente condizionata da Khalifa Haftar, e si possono riconoscere rispecchiati gli interessi economici ed energetici di Paesi come la Russia o l’Egitto che si rapportano con la Libia controllata dal generale. L’Unione Europea nel frattempo è assente, sia dal confronto di Palermo che nella diplomazia. I diritti umani passano in secondo piano, mentre sempre maggiori si fanno le necessità delle persone che attraversano lo Stato nordafricano e degli abitanti della Libia stessa.
I risultati che erano più attesi dalla Conferenza, ovvero l’andare oltre l’indifferenza per la questione libica e l’affermazione del diritto dei libici ad autodeterminarsi, non è certo se verranno raggiunti. Più probabile è che la foto finale dalla Conferenza di Palermo ritragga una famiglia che ha trovato un’intesa economica.
Ne parla Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato, componente del Collegio del Dottorato in “Diritti umani: evoluzione, tutela, limiti”, presso il Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Palermo. È componente della Clinica legale per i diritti umani (CLEDU).