Ieri è arrivato l’appello al parlamento da parte del Csm per l’approvazione della riforma carceraria, ferma dopo l’approvazione del 16 marzo da parte del Governo Gentiloni; martedì era stata rilanciata anche da Roberto Fico, presidente della Camera. A muoversi prima di tutti è stata l’Unione Camere Penali Italiane, che considera la riforma non solo necessaria ma obbligatoria per l’Italia dopo la sentenza Torreggiani del 2013 con cui la Corte europea dei diritti umani esigeva un intervento in materia.
La riforma è centrata su una responsabilizzazione e rieducazione dei detenuti, così come prevede la Costituzione, partendo dal presupposto che una volta terminata la pena il carcerato dovrà reinserirsi nella società. Sono molte le opposizioni a questo testo, che hanno però come scopo non tanto una sua rilettura o modifica quanto una ricerca di consenso popolare tramite l’ostruzionismo politico.
L’Unione Camere Penali Italiane propone quindi un’idea di carcere come struttura trasparente, non invisibile, e sente la necessità di avvicinare l’opinione pubblica al tema.
Ne parla Riccardo Polidoro, responsabile dell’osservatorio carcere dell’Unione Camere Penali Italiane