Giovedì 15 giugno la prima sezione della Corte di Cassazione ha dato l’autorizzazione per l’iscrizione nell’anagrafe del Comune di Venezia di un bambino, figlio di due donne, nato all’estero con fecondazione eterologa.
Tutto era cominciato il 5 novembre 2014, quando le due madri chiesero al tribunale di Venezia la “rettificazione”, o sostituzione, dell’atto di nascita del figlio, emesso nel Regno Unito e trascritto nei registri dello stato civile di Venezia.
Il tema divide ormai da molti anni e spesso è stato sacrificato in nome della tenuta politica, oppure affermando che le priorità fossero altre, in modo non diverso dalle discussioni sulla cittadinanza o sulla libertà. «La questione – spiega Filomena Gallo – non è secondaria, bisogna pensare al futuro e pensare anche che i diritti delle persone, quelli sanciti dalla Corte Costituzionale e dalle carte internazionali, non vanno applicate ad intermittenza, sono tutte esigibili e tutte sullo stesso piano contemporaneamente. Un Paese che non investe nel futuro, nella famiglia, nei figli, è un Paese che non investe nell’economia che cresce e non investe politicamente sui propri cittadini. Forse la politica dovrebbe tenere a mente questo concetto».