La pigrizia

Lunedì 21 novembre

Sembra strano ma alla parola pigrizia tutti si illuminano. Il dolce far niente ha un fascino intramontabile, nonostante l’accezione positiva alla parola “ozio” sia stata superata da altre virtù più moderne.
In principio l’otium latino è un periodo di tempo che si impiega per svolgere attività che non generano profitto ma già per i greci, secondo le parole di Virgilio “I Greci nell’epoca del loro splendore non avevano che disprezzo per il lavoro, solo agli schiavi era permesso di lavorare: l’uomo libero conosceva esclusivamente gli esercizi ginnici e i giochi dello spirito. Era questa l’epoca in cui si viveva e si respirava in mezzo a un popolo di Aristoteli, di Fidia, di Aristofani; erano questi i tempi in cui un pugno di valorosi travolgeva a Maratona le orde di quell’Asia che di lì a non molto Alessandro avrebbe conquistato. I filosofi dell’antichità insegnavano il disprezzo per il lavoro, degradazione dell’uomo libero; i poeti cantavano l’ozio, dono degli dèi”.

Una prima riflessione sul tema ce la fa Enea Solinas, conduttore di SegnAli Radio.

Martedì 22 novembre

Uno dei più grandi racconti dedicati alla pigrizia é Oblomov, romanzo dell’autore russo Ivan Aleksandrovič Gončarov pubblicato nel 1859 che parla del proprietario terriero Il’ja Il’ič Oblómov. In una casa trascurata di San Pietroburgo Oblomov non riesce a mandare avanti i suoi affari, lasciandosi raggirare dai propri collaboratori e preferendo passare indolentemente le giornate.

Chi invece ha vissuto davvero ed era considerato un pigrone è Gioacchino Rossini. Il grande compositore è stato uno dei più validi autori d’opera italiani ma, mito vuole, che piuttosto che alzarsi dal letto per raccogliere il foglio su cui stava scrivendo, cominciava da capo su un altro spartito.
In Rossini però la pigrizia si confonde con l’amore per i piaceri della vita, la buona cucina su tutti: nonostante Wagner fosse andato a trovarlo lui doveva assentarsi di continuo per bagnare la lombata di capriolo.

Chi aveva un’idea molto precisa sulla pigrizia era Giovanni Calvino; la sua teologia ha cambiato completamente il modo in cui si intende il tempo e il modo in cui bisognerebbe impiegarlo.
Ne parliamo con il pastore Enrico Benedetto, professore di teologia pratica presso la Facoltà Valdese di Teologia di Roma.

Mercoledì 23 novembre

“Io penso che soprattutto la preghiera sia uno strumento fondamentale, che sia quell’ozio buono che permette di non cadere nell’accidia. La preghiera quand’è vissuta in maniera autentica e seria, in qualche modo ci ristruttura all’interno di una relazione: una relazione anzitutto con Dio, una relazione con i fratelli, una relazione con il cosmo. È dentro questa relazione viva, autentica, anche silenziosa, che si ritrova la pace perché in qualche modo si ritrova se stessi. Direi che però, perché questo avvenga, bisogna anche dedicare del tempo, decidere un tempo ozioso nel senso positivo del termine affinché la vita diventi oziosa nel senso deteriore del termine stesso”.

Questa è parte dell’intervista a Roberto Repole, prete della diocesi di Torino e docente di Teologia sistematica presso la sezione di Torino della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale. La chiacchierata aveva sempre il tema della pigrizia.

Lunedì 28 novembre

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In un articolo pubblicato il 16 settembre del 1079 su Le monde dimanche, a cura di Christine Eff, Roland Barthes para proprio della pigrizia, esperienza della quale cominciamo a fare pratica durante il periodo scolastico. La scuola, come struttura di costrizione, fa in modo che la pigrizia sia un mezzo per l’allievo di prendersi gioco di questa costrizione e comporta una forza di repressione anche soltanto perché vi si insegnano cose delle quali l’allievo non ha necessariamente bisogno. Non si tratta di una contestazione aperta perché lo studente non ha i mezzi per rispondere alle costrizioni, è una risposta sviata che evita la crisi. In altre parole, dice Barthes, la pigrizia scolastica ha un valore semantico, fa parte del codice della classe e della lingua naturale dell’allievo.

Barthes continua:

È probabile che adesso la pigrizia consista, non nel non far nulla, dato che non ne siamo capaci, ma nello spezzare il tempo il più spesso possibile, nel diversificarlo. È quello che faccio io su piccola scala quando introduco delle diversioni nel mio lavoro. Spezzo il tempo. È un modo di rendersi pigro. Tuttavia aspiro a un’altra pigrizia. Una poesia Zen, che mi sconvolge sempre per la sua semplicità, potrebbe essere la definizione poetica della pigrizia di cui sogno:

Seduto pacificamente senza far nulla
viene la primavera
e l’erba cresce da sola.

Ecco l’articolo completo.

Martedì 29 novembre

Arriva anche il momento dei libri con i consigli di Federica e Rossella della libreria Claudiana di Roma, che sul tema della pigrizia si sono sbizzarrite e hanno trovato molti spunti interessanti.

Oblomov
Ivan Goncarov
Ed. Feltrinelli, 574 pagine

L’ arte ormai perduta del dolce far niente
Dany Laferrière
Ed. 66th and 2nd, ebook

Il diritto all’ozio
Paul Lafargue
Ed. La vita felice, 121 pagine

I pensieri oziosi di un ozioso. Un libro per una vacanza oziosa
Jerome K. Jerome
Ed. PianoB, 144 pagine

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